Immobile all'asta sanatoria entro 120 giorni? Obbligo?

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lucalo pubblicato 01 agosto 2019

Buongiorno, ho acquistato all'asta un appartamento per il quale il CTU evidenziava alcune difformità. Nel decreto di trasferimento veniva indicato un termine di 120 giorni per fare richiesta di Sanatoria. Questo termine è ampiamente scaduto, questo significa che non potrò fare richiesta di Sanatoria delle difformità perché il comune le rigetterà? Pagherò una sanzione perché sono decorsi questi 120 giorni? Quello dei 120 giorni è un termine perentorio ?

Come posso muovermi?

Grazie in anticipo per la attenzione Luca

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lucalo pubblicato 02 agosto 2019

Nel frattempo ho trovato un riferimento in merito pronunciato dal Consiglio nazionale del notariato. ( Specifico che l'immobile da me acquistato è una costruzione antecedente al 1967 )

Nel pronunciamento. He allego dice che il :"si dovrà procedere a domanda si Sanatoria entro 120 giorni, per quanto doveroso sia un onere e non un obbligo ( di tempo soprattutto)

Domando a voi esperti se interpreto giustamente con la seguente conclusione : aggiudicato il bene se entro 120 non faccio domanda di sanatoria nn sono sanzionabile mentre dal 121 esimo giorno in poi, nella remota possibilità di un controllo sulle planimetrie depositate e reali viste le difformità sarei sanzionabile ( si parla delle dimensioni di un ripostiglio e di 10 cm di una finestra) Interpreto quindi come 120 giorni di spazio per muovermi ma con la possibilità di adempiere successivamente ad i 120 per regolarizzare tutto.

“Nell’ipotesi in cui l’immobile rientri

nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro 120 giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge”; - dall’art. 46, comma 5, del TUE (ovvero 5-bis per gli interventi realizzati mediante SCIA ai sensi dell’art. 23, comma 01, del TUE): “L’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà (3) presentare domanda di permesso in sanatoria entro 120

(3)L’espressione “dovrà” sembra sottintendere un obbligo. In realtà si tratta di un onere e, inoltre, è stato osservato che, atteso che il condono c.d. a regime non è subordinato a un termine determinato per legge, il termine di 120 giorni pare riferibile solo al caso in cui l’autorità comunale abbia già emesso l’ingiunzione di demolizione dell’opera o di eliminazione dell’abuso ed il termine assegnato a tal fine sia già scaduto (così Studio n. 7-2008/E del Consiglio Nazionale del Notariato).

inexecutivis pubblicato 04 agosto 2019

Rispondiamo all’interrogativo osservando che l’art. 46, comma quinto, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico dell’edilizia) nel prevedere che “L'aggiudicatario, qualora l'immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria introduce, in suo favore, la riapertura dei termini per procedere alla sanatoria di immobili che siano abusivi è per i quali le condizioni di sanabilità sussistono. La conseguenza della omessa presentazione della domanda in sanatoria nel termine previsto non è l'irrogazione di sanzioni, non essendo l'aggiudicatario autore dell'illecito edilizio, ma la definitiva decadenza dalla possibilità di sanare in un secondo momento.

Precisiamo che il termine decorre dalla “notifica” del decreto di trasferimento, cosa che normalmente non avviene, sicché suggeriamo di considerare questo aspetto.

Si potrebbe sostenere, anche se la tesi non è a perfetta tenuta, che fino a quando non interviene la notifica il termine non decorre.

In argomento mancano precedenti specifici sul punto, e più in generale nella giurisprudenza di legittimità non si registra un indirizzo univoco in merito alla possibilità che la notificazione ammetta equipollenti.

Cass. Sez. 1 - , Ordinanza 25/10/2018 n. 27121 ha per esempio affermato, in tema di ricorso avverso gli atti del Tribunale fallimentare che “Il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso straordinario per cassazione, avverso i provvedimenti definitivi di contenuto decisorio adottati dal tribunale fallimentare, tra cui il decreto che pronuncia sul compenso dovuto al curatore, non decorre dalla data del deposito in cancelleria del decreto, bensì dalla data della comunicazione o notificazione d'ufficio dello stesso agli interessati, eseguita esclusivamente dall'organo competente, ossia dal cancelliere”.

Anche cass. Sez.II, 19/09/2017, n. 21625 ha affermato che “Ai fini della decorrenza del termine breve per proporre impugnazione, la notificazione della sentenza, cui si riferisce l'art. 326 c.p.c., non può essere sostituita da forme di conoscenza equipollenti, quali la conoscenza di fatto del provvedimento impugnato”.

Al contrario, in tema di locazioni, Cass. Sez. III 26/10/2017, n. 25415 ha ritenuto che “La comunicazione al conduttore dell'intenzione del locatore di alienare l'immobile locato prescritta dall'art. 38 della l. n. 392 del 1978, cd."denuntiatio", deve essere compiuta con il procedimento tipico della notificazione a mezzo ufficiale giudiziario ovvero attraverso modalità di comunicazione equipollenti, tali cioè da porre il conduttore in condizione di esercitare la prelazione e da far decorrere il relativo termine legale”.

Questi precedenti mostrano come in materia processuale la giurisprudenza non ammette equipollenti alla notificazione di provvedimenti giurisdizionali o di atti processuali, mentre invece sembra ammettere detta equipollenza con riferimento alla notifica di atti sostanziali non aventi valore processuale.

lucalo pubblicato 04 agosto 2019

La ringrazio non riesco a capire una cosa, lei scrive: "la definitiva decadenza dalla possibilità di sanare in un secondo momento" decorsi i 120 giorni ma a me risulta che, laddove sanabili, che nulla mi impedisca di fare domanda in sanatoria anche passati i 120 giorni.( Aprendo una scia o cila ) Mi pare di capire invece che all interno dei 120 giorni avrei potuto "appoggiarmi" ad i vari condoni susseguitisi nel tempo essendo entrato in proprietà di un immobile ante1967.

Lo domando perché a meno di un anno avrei la possibilità di vendere questo appartamento, il notaio e il geometra mi dicono che, in ogni caso, trattandosi di difformità lievi, basterebbe introduzione nell' atto di vendita dalla dicitura che preciso che la costruzione è effettivamente ante 1967 e corredata di dovuto documento, il che lo rende in ogni caso commerciabile.

Esistono in alternativa altri strumenti per normalizzare aeventiali difformità? ( La sua risposta mi ha un po' preoccupato)

È così gentile da dare riscontro alla mia domanda?

La ringrazio in anticipo.

Luca

lucalo pubblicato 04 agosto 2019

Mi scuso una precisazione alla mia domanda sulla sua risposta quando lei parla di immobili abusivi fa riferyanche a casi come il mio in cui vengono rilevate da CTU " lievi difformità" quali una finestra leggermente più larga e la profondità di un ripostiglio di 20 cm inferiore agli elaborati grafici o si riferisce ad Abusi che rendono non abitabile un immobile Scusi e grazie

inexecutivis pubblicato 04 agosto 2019

Tutti gli abusi edilizi sono sanabili entro un certo termine, non già a tempo indefinito.

Lo si ricava dalla lettura dell’art. 36, comma primo, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il quale prevede che “In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3 [novanta giorni dall'ingiunzione di demolizione], 33, comma 1[congruo termine stabilito dal dirigente per la rimozione o demolizione], 34, comma 1[congruo termine stabilito dal dirigente per la rimozione o demolizione], e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.

Certamente, si tratta di termini che vengono individuati con riferimento ad un momento in cui il procedimento di contestazione dell’abuso è già iniziato, con la conseguenza che, di fatto, prima della contestazione si è sempre nei termini, sicché la riapertura di essi produce effetti di rilievo solo con riferimento alle ipotesi di condono.

Tuttavia, come le è stato detto, il problema non sussiste per gli immobili la cui costruzione sia iniziata in data anteriore al primo settembre 1967 possono circolare indipendentemente dalla loro regolarità urbanistico edilizia. Infatti, secondo il disposto dell’art. 40 l. 28 febbraio 1985 n. 47, gli immobili costruiti in epoca anteriore al 2 settembre 1967 sono liberamente commerciabili, qualunque sia l’abuso edilizio commesso dall’alienante, a condizione che, nell’atto pubblico di trasferimento, risulti inserita una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967, senza che rilevi, pertanto, ai fini della legittimità del trasferimento, la mancanza dell’attestazione di conformità della costruzione alla licenza edilizia ovvero la esistenza di una concessione in sanatoria (ovvero la domanda, ad essa relativa, corredata della prova dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione) (Cass. civ., sez. II, 22 agosto 1998, n. 8339).

lucalo pubblicato 04 agosto 2019

La ringrazio molto per la cortese risposta. Le auguro un avuto a serata

Anna982 pubblicato 09 agosto 2019

Buonasera,

una domanda su questo argomento, la sanatoria va fatta e pagata esclusivamente dopo l'emissione del decreto di trasferimento o si può anticipare il pagamento una volta fatto il saldo dell'acquisto?

 

Grazie

inexecutivis pubblicato 16 agosto 2019

A nostro avviso per rispondere all’interrogativo formulato occorre partire dalla previsione dell’art. 11, comma primo, del d.P.R. n. 380/2001 (testo unico dell’edilizia), che a sua volta riprende, in parte qua, l’art. 4 della legge n. 10/1977, a mente del quale il permesso di costruire viene rilasciato “al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”( T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. II Sent., 18/05/2017, n. 387, ha affermato che la stessa legittimazione è richiesta per gli interventi edilizi realizzabili in regime di SCIA o DIA).

La giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez.V, 28 maggio 2001, n. 2881; Tar Veneto 24 luglio 2001, n. 2221) ha affermato, per un verso, che la legittimazione a richiedere il rilascio del titolo edilizio deve fondarsi necessariamente su un diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, superficie, enfiteusi, servitù), o almeno su un diritto obbligatorio che riconosca all'istante la disponibilità giuridica e materiale del bene, nonché la relativa potestà edificatoria; per altro verso, ha ritenuto che una semplice relazione di fatto, come il possesso del bene, benché tutelata dall'ordinamento, non è idonea a conferire il diritto ad ottenere dalla P.A. l'atto di assenso edificatorio.

Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha riconosciuto l'astratta idoneità del contratto di locazione a trasferire la disponibilità dell'area, presupposto imprescindibile per proporre la domanda di concessione.

Dubbia, inoltre, è la legittimazione del promissario acquirente in forza di un contratto preliminare, poiché il trasferimento del diritto avviene, di regola, solo al momento della stipula del contratto definitivo (Consiglio Stato, sez. V, 20 ottobre 1994, n. 1200).

Tuttavia, è stato evidenziato che «il promissario acquirente di un terreno edificabile, che ne abbia il possesso incontestato e pacifico in forza di un’apposita clausola di un contratto preliminare di compravendita è legittimato, ai sensi dell’ art. 4, legge 28 gennaio 1977, n. 10, ad ottenere il rilascio della concessione edilizia per un intervento costruttivo da realizzare su quel terreno, perché tale norma privilegia la disponibilità titolata dell’area, anche di natura non dominicale e non contrasta con le leggi civili, che non ammettono il trasferimento della concessione edificatoria di natura personale» (Consiglio di Stato, sez. V, 18 giugno 1996, n. 718).

T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 10/11/2017, n. 5329 ha affermato che “E' titolato ad ottenere il permesso di costruire non solo il proprietario del bene, ma anche il titolare di diritti reali o personali che abbia, per effetto di questi, la facoltà di eseguire i lavori”.

Sulla scorta del panorama giurisprudenziale richiamato ci sembra che riconoscere la legittimazione a richiedere il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria da parte del mero aggiudicatario sia difficile.

L’unico appiglio sul quale potrebbe tentarsi di fare leva è quello rappresentato da quella giurisprudenza della Corte di Cassazione (sez. III, 30 giugno 2014, n. 14765) nella vendita forzata l'aggiudicatario acquista all'esito dell'"iter" esecutivo uno ius ad rem pur condizionato al versamento del prezzo.

toninocalabria pubblicato 22 novembre 2019

Una domanda: ma se decidessi di non sanare ( anche se l'immobile ha caratteristiche di sanabilità) e tenermi l'iimmobile così com'è, che succede?

inexecutivis pubblicato 24 novembre 2019

L’art. 46, comma quinto, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico dell’edilizia) nel disporre che “L'aggiudicatario, qualora l'immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria prevede, in suo favore, la riapertura dei termini per procedere alla sanatoria di immobili che siano abusivi è per i quali le condizioni di sanabilità sussistono. La conseguenza della omessa presentazione della domanda in sanatoria nel termine previsto non è l'irrogazione di sanzioni, non essendo l'aggiudicatario autore dell'illecito edilizio, ma la definitiva decadenza dalla possibilità di sanare in un secondo momento.

asteroid pubblicato 09 giugno 2020

Mi ricollego a questo post per chiedervi un'ulteriore precisazione. Ho acquistato un immobile che presenta alcune difformità lievi rispetto al progetto approvato: distribuzione interna e scala interna anzichè esterna. Le difformità, pur essendo state effettuate prima del 2003, rispettano comunque il requisito della doppia conformità. Il comune ha collaudato l'edificio e rilasciato certificati di agibilità e abitabilità con le piante attuali (so che questo non comporta una sanatoria implicita) e non risultano presentate varianti in corso d'opera.
Avrei potuto sanare la situazione con scia o cila in sanatoria ma non vi ho provveduto perchè il mio tecnico di fiducia mi ha confermato che avrei potuto sanare in qualsiasi momento anche successivamente ai 120 gg e perchè impossibilitato ad effettuare i rilievi perchè l'immobile è ancora abitato dell'esecutato su autorizzazione del giudice. Ormai sono ampliamente passati i 120gg di cui all'art. 46 dpr380. Posso sanare ugualmente senza incorrere in sanzioni giustificando la mancata presentazione della domanda di sanatoria con il mancato possesso del bene? 

inexecutivis pubblicato 15 giugno 2020

Tutti gli abusi edilizi sono sanabili entro un certo termine, non già a tempo indefinito.

Lo si ricava dalla lettura dell’art. 36, comma primo, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il quale prevede che “In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3 [novanta giorni dall'ingiunzione di demolizione], 33, comma 1[congruo termine stabilito dal dirigente per la rimozione o demolizione], 34, comma 1[congruo termine stabilito dal dirigente per la rimozione o demolizione], e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.

Certamente, si tratta di termini che vengono individuati con riferimento ad un momento in cui il procedimento di contestazione dell’abuso è già iniziato, con la conseguenza che, di fatto, prima della contestazione si è sempre nei termini, sicché la riapertura dei termini prevista in occasione della pronuncia del decreto di trasferimento produce effetti di rilievo solo con riferimento alle tre ipotesi di condono previste dall’art. 31, comma primo, l. 47/1985, dall’art. 39 l. 23.12.1994, n. 724,e dall’art. 32, d.l. 30.9.2003 n. 269, convertito in l. 24.11.2003, n. 326.

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