Estinzione del pignoramento art. 631 bis c.p.c. ed annullamento dell'ordinanza estinzione art. 487

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  • Ultimo messaggio 26 febbraio 2021
piasimone69 pubblicato 21 febbraio 2021

Buongiorno, elecono i fatti:

- il Notaio in qualità di delgato fissa una data per l'asta e comunica ai creditori di pagare le spese di pubblicità.

- i creditori non adempiono

- l'asta di dicembre salta

- il GE comunica l'ordinanza per l'estinzione del procedimento e fissa l'udienza il 13/01 art. 631 bis c.p.c.

- il creditore paga oltre il termine massio (meno di 45 giorni dalla data fissa per l'asta)

- il notaio chiede al giudice di poter rifissare un ulteriore asta

- il giudice risponede "visto agli atti"

- il notaio fissa una nuova asta a gennaio

- l'udienza del 13/01 viene spostata (come tutte le udienze di quel giorno) a febbraio

- l'immobile viene venduto a fine gennaio

- nell'udienza di febbraio il giudice revoca la precedente ordinanza di estinzione valendosi del art. 487 c.p.c. dicedo che le ordinanze non attuate possono essere revocate

che l'asta si poteva fare perche non era stato dato un termine perentorio al creditore

il "visto agli atti" autorizzava il notaio alla vendita

Domande:

- essendo saltata l'asta di dicembre per il mancato pagamento entro i 45 giorni dall'asta  delle spese di pubblicita il giudice può revoare il suo decreto di estinzione? (nel'art. 631 non è menzionata l'ipotesi del ritardo per cause imputabili al creditore sanabile)

- la discrezionalità o potere del GE è così ampia da interpretare così l'art. 631 bis c.p.c.?

- non doveva aspettare l'udienza per l'estinzione prima di autorizzare la nuova asta per sentire le parti creditore e debitore?

grazie saluti

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robertomartignone pubblicato 26 febbraio 2021

Vi ringrazio siete gentilissimi e molto professionali .

inexecutivis pubblicato 26 febbraio 2021

La sua osservazione sulla discrezionalità del giudice è corretta, ed abbiamo compreso che non vi era alcun intento polemico. Ci premeva solo sottolienare che a volte l'applicazione delle norme deve confrontarsi con casi particolari in cui la soluzione corretta non è anche quella più "ortodossa"; ancora più spesso, poi, le soluzioni corrette sono anche estremamente "impopolari".

robertomartignone pubblicato 25 febbraio 2021

Pardon , ma io non ho biasimato il giudice , ho semplicemente espresso la mia opinione evitando un  "linguaggio tecnico " , che ai piu ' non è comprensibile . Poi è ovvio che la procedura nasca per tutelare l ' interesse del creditore .

inexecutivis pubblicato 25 febbraio 2021

Certo, e non ci sentiamo di biasimare quel giudice che consente il buon esito della vendita, la qualcosa del resto è ciò che interessa il creditore, soggetto per il quale la procedura è pensata in quanto soggetto "danneggiato" dall'inadempimento del debitore.

robertomartignone pubblicato 24 febbraio 2021

Risposta molto esaustiva e ricca di giurisprudenza ma , nella pratica il GE agisce con ampia discrezionalità , soprattutto nei casi in cui la vendita è andata a buon fine .

inexecutivis pubblicato 23 febbraio 2021

Difficile rispondere alla domanda senza una analisi compiuta del provvedimento del giudice.

In linea generale possiamo dire che il provvedimento di estinzione è immediatamente esecutivo e quindi non può essere revocato.

Non ci convince inoltre il fatto che il termine fissato potesse non essere rispettato perchè non perentorio. Invero, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che i termini ordinatori possono essere prorogati sì, purchè la richiesta di proroga intervenga prima della scadenza del termine medesimo (Cass. Sez. L, 17/11/2010, n. 23227).

In ogni caso, quanto all'omesso versamento del fondo spese, osserviamo quanto segue.

In passato, sebbene non fossero mancate pronunce di segno contrario (Trib. Caltagirone, 25 marzo 2008), si riteneva generalmente che l’omessa esecuzione degli adempimenti pubblicitari (ed a monte l’omesso versamento delle somme a tale scopo necessarie) non potesse determinare di per sé, anche in ragione dell’assenza di una specifica previsione sul punto, l’estinzione della procedura, osservandosi che all’inerzia del creditore cui l’onere fosse stato imposto si poteva reagire affidando il relativo compito ad un custode diverso dal debitore (In questo senso Trib. Potenza, 4 maggio 2011; C. Cost., 30 dicembre 1993, n. 481).

Questa idea è stata tuttavia progressivamente abbandonata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, la quale ha osservato che per effetto di questa omissione la procedura esecutiva viene a trovarsi in una situazione di stallo (Cfr. Trib. Reggio Emilia, 22 febbraio 2010, n. 458).

In particolare, si è sottolineato (Trib. Milano Sez. IV, 25 novembre 2016) che nella procedura esecutiva il creditore procedente ha l’onere di compiere le attività necessarie alla prosecuzione e alla definizione del procedimento, avvertendosi che in caso contrario il contegno del medesimo può essere ricondotto - alla stregua di un'interpretazione sistematica del combinato disposto degli artt. 497, 562 e del comma 1 dello stesso art. 630 c.p.c. - ad un caso di inattività delle parti seppur atipico, dal momento che, se è vero che il creditore procedente ha il diritto di promuovere la vendita, è altrettanto vero che su di lui incombe, una volta sollecitata la fissazione degli incanti, l'onere di osservare una condotta acceleratoria affinché il processo esecutivo pervenga alla fase satisfattiva, che include anche l'obbligo di effettuare i predetti adempimenti pubblicitari in modo tempestivo.

La medesima giurisprudenza ha poi sottolineato la rispondenza e la riconduzione di una siffatta impostazione al principio di rango costituzionale della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 della Costituzione, soventemente declinato nell'ambito die singoli istituti processuali nel senso di inibire attività inutilmente defatigatorie o inutili cosicché il processo possa dipanarsi in modo il più possibile spedito. “Orbene (prosegue la citata sentenza) tale ratio vale a maggior ragione di fronte a situazioni di impasse che vengono determinate dallo stesso contegno delle parti le quali si sottraggono al compimento di atti loro imposti dalla legge manifestando il difetto di interesse concreto alla definizione del processo. Ne segue che tra questi ben può essere ricompreso il mancato pagamento delle spese ed oneri dovuti al delegato alla vendita ai fini della pubblicità e del compimento dell'attività della procedura indispensabili al fine di trasformare il bene non divisibile in una somma di denaro suscettibile di essere ripartita pro quota tra i condividenti”.

Dunque, qualora il magistrato ponga in capo al creditore le l’onere di anticipazione delle spese di pubblicità ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è evidente che il mancato adempimento è del tutto imputabile allo stesso, e la conseguente impossibilità di compiere atti indispensabili per la prosecuzione del processo non è altrimenti superabili da parte del giudice comporta l'esigenza di valutare il contegno delle parti sotto il profilo della perdurante presenza dell'interesse ad agire, anche alla luce dell'art. 111 Cost., al fine di evitare una situazione di stallo con ripercussioni negative sulla ragionevole durata del processo sia dal lato interno (delle parti) sia da quello esterno del sistema giudiziario che rimane impegnato sine die per una controversia per la quale le parti hanno manifestato, de facto, una mancanza di interesse alla prosecuzione.

Le medesime considerazioni sono state svolte da Cass., sez. III, 22 giugno 2016, n. 12877, la quale ha osservato che “L'onere di anticipazione a carico del creditore procedente desumibile dall'art. 8 d.p.r. n. 115 del 2002 è riferibile, in generale, agli «atti necessari del processo», comprendendosi in detta accezione, seppure costruita sul modello del processo di cognizione, ogni tipologia di attività funzionale allo svolgimento del processo e ad essa legata da rapporto di necessità”; esso, pertanto, “risulta riferibile, in ragione della natura della procedura esecutiva, sia alle spese giudiziarie che a quelle propriamente materiali necessarie per l'esecuzione”, aggiungendo che “il problema del carattere "necessitato" o meno degli atti e, correlativamente, delle spese da anticipare, può essere agevolmente risolto ove si ponga mente al naturale risultato "fisiologico" perseguito dalla procedura esecutiva, che, nell'espropriazione forzata, è quello della liquidazione di un cespite del patrimonio del debitore, per l'appunto, al fine del soddisfacimento dell'interesse del soggetto che l'ordinamento abilita a conseguire, per equivalente, il soddisfacimento del proprio diritto”.

robertomartignone pubblicato 21 febbraio 2021

No fa parte della discrezionalità del GE , comunque prima del decreto di trasferimento può sempre provare a " fare opposizione agli atti " , anche se difficilmente il ricorso sarà accolto .  L ' esperto del forum saprà fornirle delucidazioni piu' chiare ed esaustive in merito . Mi pare che il quesito lo abbia già proposto , in modo meno dettagliato ma la sostanza non cambia . 

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