Errata presentazione offerta

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  • Ultimo messaggio 09 febbraio 2021
Patri pubblicato 29 novembre 2019

Buongiorno, per un'asta asincorna un offerente ha depositato ed inviato alla pec del ministero della giustizia il file errato (ha depositato il file offerta xml firmato digitalmente invece della busta formato p7m).  Nel portale del gestore della vendita dunque in sede di udienza non risultava depositata la sua offerta. Ci sono i presupposti secondo voi per impugnare l'aggiudicazione fatta ad altro soggetto ai sensi dell'art. 156 cpc ?

Grazie

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inexecutivis pubblicato 01 dicembre 2019

A nostro avviso vi sono i presupposti per impugnare l’aggiudicazione, anche se si tratta di questione rispetto alal quale i contributi dottrinari e giurisprudenziali sono assai scarsi.

L’unico precedente noto è rappresentato da quanto stabilito dal Tribunale di Larino, con una pronuncia dell’8 marzo 2019, particolarmente significativa, e di cui ci appare utile riportare il contenuto.

La vicenda riguardava il caso in cui il DIGISIA aveva escluso una offerta di acquisto perché il file aveva una estensione diversa da quella prevista dalle specifiche tecniche di cui all’art. 26 del d.m. 32/2015 (.zip.p7m).

Questo è quanto ha stabilito il Tribunale.

Ai sensi dell'art 569,comma quarto, c.p.c., le vendite telematiche devono svolgersi "nel rispetto della normativa regolamentare di cui all'art. 161 ter delle disposizioni dell'attuazione del presente codice", il quale a sua volta dispone che "il Ministero della Giustizia stabilisce con prorpio decreto le regole tecnico operative per lo svolgimento della vendita dei beni mobili e immobili, mediante gara telematica…nel rispetto dei principi di competività, trasparenza, semplificazione, efficacia, sicurezza, esatezza e regolarità delle vendite telematiche".

Tale decreto è il numero 32 del 26/02/2015, il quale a sua volta all'art. 26 contiene un ulteriore rinvio alle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero, resi disponibili mediante pubblicazione nell'area pubblica del portale dei servizi telematici del Ministero.

Orbene, se si procede alla lettura delle citate specifiche tecniche ci si scorge che in effetti il file contenente l'offerta telematica è un file la cui estensione è quella ".p7m", per cui nel caso di specie ci si trova dinanzi ad un offerta d'acquisto la cui estensione è parzialmente diversa da quella prescritta.

Sennonché, l'esclusione della stessa ad opera del portale (recte del DGSIA) è stata ritenuta illeggittima.

In primis va osservato che l'art. 572, comma primo, c.p.c. riserva al Giudice dell'esecuzione la competenza delibativa sulle offerte pervenute, competenza che il successivo art. 591-bis, comma due, n. 3 riconosce altresì al professionista eventualmente delegato per le operazioni di vendita.

L'art. 571, comma terzo, del codice di rito, inoltre, individua le ipotesi di inefficacia dell'offerta attraverso un elenco che la pressoché unanime dottrina considera tassativo (elenco cui vanno aggiunti i casi di divieto normativo di acquisto), ragion per cui ulteriori ipotesi di inammissibilità dell'offerta potranno essere individuate soltanto laddove dalla sua lettura non sia possibile, con certezza, identificare l'offerente o il bene per il quale sia formula l'offerta, conoscere il prezzo proposto.

Orbene, ad avviso del Tribunale di Larino non vi sono elementi per ritenere che l'assetto normativo appena decritto sia stato modificato dalle norme che prevedono e disciplinano la vendita telematica.

Da un lato infatti, le competenze del giudice dell'esecuzione e del professionista delegato sono rimaste invariate; ergo, a tutto concedere, quelle individuate in capo al gestore della vendita telematica (che l'art. 2, comma uno, lett. d) del citato DM 32/2015 individua come il soggetto autorizzato dal Giudice a gestire la vendita telematica) piuttosto che in capo al responsabile dei servzi automatizzati del Ministero, o si aggiungono ad esse (cosa che è da dirsi, ad esempio, per le vrifiche che il decreto 32/2015 impone al gestore della vendita telematica) o abbracciano versanti diversi da quelli riservati al Giudice dell'esecuzione (per cui, in tesi, l'ordinanza di vendita non potrebbe contenre il rinvio a specifiche tecniche diverse da quelle individuate dall'art. 26 del DM 32/2015, a ciò ostandovi il primo comma dell art 161-ter. disp. att. c.p.c.).

Il necessario precipitato che dalle considerzioni fin qui svolte si ricava è quello per cui l'esclusione operata dal DGSIA deve ritenersi non conforme a diritto per tre ordini di ragioni.

Il primo è che l'irregolarità correttamente registrata dal Portale non rientra tra le cause di inefficacia dell'offerta previste dall'art. 571 c.p.c. o da speciali disposizioni normative, né impedisce l'individuazione degli elementi costitutivi della stessa. Si noti, per inciso che secondo Cass. sez. II, 29.11.2018, n. 30927 (e, prim'ancora, secondo Cass. Sez. U. 27.04.2018 n. 10266) "In tema di processo telematico, in conformità alle disposizioni tecniche previste dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo "CAdES" e di tipo "PAdES" sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni ".p7m" e ".pdf", posto che il certificato di firma, inserito nella busta crittografica, è presente in entrambi gli standards, parimenti abilitati. Ne consegue la piena validità ed efficacia del ricorso (o controricorso) per cassazione munito di procura alle liti controfirmata dal difensore con firma digitale in formato "PAdES"), con la conseguenza che la diversa estensione del file rispetto a quella prescritta dalle specifichetecniche potrebbe rilevare (solo) quante volte la stessa costituisse la conseguenza della mancata sottoscrizione dell'offerta di acquisto, il che certamente porrebbe il tema dell'ammissibilità dell'offerta medesima.

Il secondo è che, come si è visto, in base all'attuale ordito normativo la valutazione circa la sussistenza dei requisiti di efficacia dell'offerta rientra nel novero delle competenze del giudice dell'esecuzione e, per esso, del professionista delegato.

Da ultimo il Tribunale ha ritenuto che l'esclusione operata dal DGSIA deve ritenersi invalida anche per ragioni di carattere sistematico.

Invero, l'impossibilità di conoscere l'esistenza di offerte di acquisto, per quanto eventualmente invalide, impedisce agli organi della procedura di compiere una serie di valutazioni strategiche suscettibili di indirizzare gli esiti del processo esecutivo in un senso piuttosto che in un altro.

È noto, ad esempio, che nell'ottica di ottimizzare le limitate risorse del sistema giustizia e di contenere la durata del processo entro termini "ragionevoli", in ossequio al postulato di cui all'art. 111, comma secondo Cost., l’art. 19, comma 2, lett. b) del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con l. 10 novembre 2014, n. 162 ha introdotto l’art. 164-bis disp. att. c.p.c. il quale dispone che “Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.

 Orbene, l'esclusione "a monte" di una offerta di acquisto senza che essa neppure giunga al profesisonista delegato, e quindi al giudice dell'esecuzione, impedisce a questi di disporre di uno degli elementi che necessariamente compongono il paniere conoscitivo sulla cui scorta il giudice decide se ricorrono o meno gli estremi per ritenere che la prosecuzione della procedura non sia più ragionevole. Invero, potrebbe accadere che proprio l'offerta esclusa rappresenti il segnale di un interesse concreto all'acquisto da parte dell'offerente (il quale magari ha semplicemente commesso degli errori di compilazione), il che deve indurre il giudice a valutare l'opportunità di rinnovare il tentativo di vendita infruttuosamente esperito piuttosto che dichiarrne la chiusura anticipata ai sensi dell'art. 164-bis citato.

Infine, non può sottacersi il rilievo per cui ad oggi, non consta che il software predisposto dal ministero per la compilazione dell'offerta di acquisto segnali all'offerente (o al presentatore) che il file inviato contiene una estensione diversa da quella prescritta dalle specifiche tecniche, consentendogli eventualmente di porre rimedio, il che rende l'esclusione operata dal ministero anche contraria ai principi di competività, trasparenza, semplificazione, efficacia, sicurezza, esatezza e regolarità delle vendite telematiche", cui la fonte regolamentare deve uniformarsi ai sensi dell'art. 161-ter disp. att. c.p.c.

Dunque, in conclusione, il Tribunale ha ritenuto necessario acquisire presso il DGSIA l'offerta pervenuta, previamente decriptata così da renderla leggibile, al fine di valiarne l'ammissibilità.

giuseppepaolillo pubblicato 06 febbraio 2021

Buongiorno, avrei da porre un quesito analogo a quello innanzi posto. Per un'asta asincorna un offerente ha depositato ed inviato alla pec del ministero della giustizia il file errato (ha depositato il file offerta xml firmato digitalmente invece della busta formato p7m).

Successivamente, ovvero il giorno seguente, e ben tre giorni prima dalla scadenza del termine massimo, l'offerente accortosi dell'invio del file errato, ha provveduto ad inviare il file corretto, ovvero il file .zip.p7m).

Cosa accade in questo caso?

Attendo risposta.

Saluti

Giuseppe

 

inexecutivis pubblicato 09 febbraio 2021

A nostro avviso l'offerta è giunta regolarmente, e dunque non dovrebbero esservi problemi.

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