CURATORE INADEMPIENTE?

  • 2K Viste
  • Ultimo messaggio 24 marzo 2017
cittadino pubblicato 17 marzo 2017

 Buongiorno, vi sottopongo il mio caso.

Il 29 settembre 2016 ho partecipato ad un’asta, bando di vendita del 27/06/16, per un immobile proveniente dal fallimento di società spa, occupato a titolo gratuito per concessione della stessa curatela con obbligo di rilascio a richiesta della stessa con preavviso di 60 gg. Il 13 ottobre ricevo, dal curatore del fallimento, la comunicazione di avvenuta aggiudica, venendo pertanto invitata a versare il saldo del prezzo nei termini di 10 gg. Nello stessa mi viene comunicato che nei giorni 29/09 e 30/09 è stato comunicato all’occupante a mezzo pec e raccomandata il rilascio del bene nei termini di 60 gg dalla ricevuta comunicazione.

Il 20/10 provvedevo al saldo del prezzo.

Il 23/10 il curatore chiedeva al giudice l’autorizzazione alla stipula dell’atto notarile che veniva poi formalizzato in data 20/11/2016. Nel suddetto atto alla voce POSSESSO si scrive : “nel possesso legale di quanto acquistato la acquirente viene immessa sin da oggi. Quanto al possesso materiale il curatore dichiara, e la parte acquirente ne prende atto, essendone peraltro a conoscenza sin dal bando di vendita, che la consistenza immobiliare è stata data in uso gratuito. Con raccomandata del 29/09 veniva richiesto all’occupante entro 60 gg. La data di rilascio è stata successivamente prorogata di altri 30 gg. Dalla parte acquirente”.

E’ inutile dirvi che gli accordi bonari presi per il rilascio dell’immobile che doveva avvenire non più tardi del 30/12 e successive proroghe concesse direttamente a chi occupava l’immobile non sono serviti a nulla.

Nel frattempo il 19/01, senza darne comunicazione, lasciavano l’immobile.

Il 10/02 ho avuto un incontro con il curatore e gli ho fatto presente che è responsabile ancora in quanto appunto custode dell’immobile non avendomi immesso nello possesso materiale ne consegnato l’immobile e tantomeno avendolo io stesso esonerato da tale incarico. E’ giusto? Dovrà essere lui stesso ad occuparsi quindi del rilascio e della consegna ? Se non lo fa, come ho capito, cosa posso fare? Che responsabilità materiali ha il curatore nei miei confronti? E’ possibile che non sia stato emesso il decreto di trasferimento pur avendo fatto l’atto di compravendita?

Grazie

Antonio

Ordina per: Standard | Il più nuovo | Voti
inexecutivis pubblicato 18 marzo 2017

I termini della questione prospettati nella domanda sono abbastanza articolati poiché si tratta di una vendita che si è svolta in sede fallimentare e che si è perfezionata con la stipula di un atto pubblico di compravendita.

Cerchiamo di andare con ordine, partendo dalle cose che riteniamo meno incerte.

In primo luogo, proprio in ragione del fatto che la vendita sia stata formalizzata attraverso la stipula di una atto notarile esclude la necessità dell’adozione, da parte del Giudice, di un decreto di trasferimento. La proprietà infatti si è ormai trasferita, e dunque non sono necessari ulteriori atti.

Quanto al trasferimento del possesso, la dicitura riportata nel contratto a nostro avviso non dispensa il curatore dalla consegna.

Il trasferimento del “possesso giuridico” del bene, di cui le parti si danno reciprocamente atto nel contratto è un effetto automatico dell’attribuzione traslativa, per cui da questo punto di vista la clausola nulla aggiunge e nulla toglie alla disciplina legale del contratto di compravendita, né fa venire meno l’obbligazione di consegna cui il venditore è tenuto ai sensi dell’art. 1476, n. 1 c.c.. In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, la quale ha affermato che “Nella vendita ad effetti reali, un volta concluso il contratto, l'acquirente consegue immediatamente, e senza necessità di materiale consegna, non solo la proprietà ma anche il possesso giuridico ("sine corpore") della "res vendita", con l'obbligo del venditore di trasferirgli il possesso materiale ("corpus"), che si realizza con la consegna e che, quanto al tempo della sua attuazione, ben può essere regolato dall'accordo dell'autonomia delle parti”. (Cass. n. 569 del 11/01/2008).

Ne consegue, allora, che in mancanza di una esplicita pattuizione in tal senso, non riteniamo che la previsione contrattuale di cui si fa parola nel quesito possa ritenersi idonea a dispensare il curatore dalla obbligazione di consegna del bene.

 

In conclusione, riteniamo che sul curatore gravi l’obbligo di curare la liberazione del bene.

cittadino pubblicato 18 marzo 2017

Grazie per la chiarissima risposta.

La procedurà che ne consegue sarà quella relativa all'emissione dell'ordine o decreto di liberazione che emetterà il Giudice ?

Il curatore nel frattempo è responsabile dei danni che sono stati fatti all'interno dell'immobile? Se si in che misura?

Antonio.

inexecutivis pubblicato 20 marzo 2017

Non siamo sicuri del fatto che nel suo caso potrà essere emesso l’odine di liberazione. Invero, pur essendosi sostenuto in dottrina e giurisprudenza (Tribunale, Reggio Emilia, sez. fallimentare, sentenza 26/10/2013) che l’ordine di liberazione possa essere emesso anche nell’ambito della procedura fallimentare applicandosi analogicamente l’art. 560, comma terzo, c.p.c., ci troviamo difronte ad un procedimento di vendita che si è già concluso, per di più non attraverso l’adozione di un decreto di trasferimento ma tramite un ordinario contratto di compravendita.

Quanto alla responsabilità del custode, troveranno applicazione le ordinarie regole sulla compravendita, sulla scorta delle quali la violazione dell’obbligo di consegnare la cosa nello stato in cui essa si trovava al momento della vendita è fonte di responsabilità contrattuale.

È bene tuttavia compiere la seguente precisazione

Cass. 17/02/1995, n. 1730 e, più recentemente, Cass. 30/06/2014, n. 14765 hanno affermato che anche nella vendita esecutiva trova applicazione la previsione di cui all’art. 1477 c.c. secondo il quale la cosa deve essere consegnata nello stato in cui essa si trova nel momento in cui è stata venduta. La previsione muove dal presupposto, (essendo la vendita un contratto consensuale e non già reale) che tra il momento della vendita e quello della consegna vi può essere un intervallo temporale, ed impone quindi al venditore di garantire che la cosa, durante questo lasso temporale, permanga nelle condizioni in cui essa era al momento della vendita, e cioè al momento in cui il passaggio di proprietà si è verificato.

 

Nelle procedure (esecutive e concorsuali) l’assunto può essere condiviso solo se si avverte che la cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava nel momento in cui il curatore ha assunto, rispetto ad essa l’obbligo di custodia, o in quello, diverso, in cui la cosa si trovava nel momento in cui è stato pubblicato l’avviso di vendita.

cittadino pubblicato 20 marzo 2017

Nel caso in cui L 'ordine di liberazione non possa più essere emesso dal giudice della sezione fallimentare del tribunale, chi dovrà occuparsi della liberazione ed seguendo poi quale iter?

inexecutivis pubblicato 22 marzo 2017

Una soluzione alternativa all’adozione dell’ordine di liberazione potrebbe essere quella in forza della quale il curatore dovrebbe chiedere al Giudice l’autorizzazione ad agire in giudizio contro l’occupante per conseguire la disponibilità dell’immobile al fine di adempiere all’obbligo di consegna.

Invero, compito del curatore è quello di conseguire la disponibilità dei beni del fallito in funzione della loro liquidazione e consegna all’acquirente, per cui non si vede per quale ragione questo compito (che tutela l’interesse della procedura) debba venir meno con la vendita del cespite.

A questa osservazione si potrebbe replicare che il bene è stato ormai liquidato e che la procedura ha dunque raggiunto il suo obiettivo, ma si tratta, a nostro avviso, di una obiezione che non tiene conto del fatto che l’acquirente è incentivato a partecipare proprio in considerazione dell’esistenza, in capo al curatore, del dovere di conseguire la disponibilità dei beni, e questa legittima aspettativa merita di essere tutelata.

Osserviamo ancora che secondo taluna giurisprudenza (Trib. Mantova, 13 ottobre 2016) sebbene sia il curatore che sceglie, con il programma di liquidazione, le modalità di vendita dei beni, optando - ai sensi del comma 1 o del comma 2 dell'art. 107 l.fall. - per le procedure competitive ovvero per la liquidazione in base alle norme del codice di procedura civile, ha affermato che la scelta per l’una o l’altra modalità non incide sulla natura delle vendite medesime, trattandosi comunque di vendite coattive, attuate contro la volontà del fallito, con la conseguenza che nell’uno e nell’altro caso deve ritenersi ammissibile la possibilità di adottare l’ordine di liberazione.

 

Per completezza dobbiamo osservare che in giurisprudenza è stato affermato che “Il venditore non è legittimato ad agire con azione di rivendicazione (art. 948 cod. civ.) per ottenere la restituzione del bene alienato, che sia detenuto da terzi, neppure al limitato scopo di poter adempiere alla obbligazione assunta di consegnare la cosa al compratore (art. 1476 cod. civ.), atteso che detta azione spetta esclusivamente a chi sia proprietario del bene al momento della proposizione della domanda”. (Cass. Sez. 3, n. 4421 del 06.5.1994), ma si tratta, a nostro avviso, di una massima non applicabile alle vendite fallimentari, poiché queste hanno natura coattiva. 

cittadino pubblicato 24 marzo 2017

Grazie per aver compreso le mie domande e per aver risposto con competenza ed in modo esaustivo.

Antonio

inexecutivis pubblicato 24 marzo 2017

grazie a lei

Close